Anche questo numero dell’osservatorio esce dopo quattro mesi, il lavoro di raccolta dati non si ferma, come non lasciano respiro i ritmi di lavoro, sempre piu` oppressivi. Non ci sono mai buone notizie sul fronte della sicurezza del lavoro in regione. In questi mesi estivi fatti di precariato e lavoro nero, stagionale l’arretramento del livello di sicurezza lavorativa, sia in senso economico (leggasi ricattabilita`), che di esposizione ai rischi di infortunio e` un fatto, ormai consolidato, di contratti e di lavoro precario, determinato, che di certo non fornisce il tempo adeguato per avere
sufficiente esperienza nelle proprie mansioni e stabilita` per costruirsi una vita. I corsi e la formazione, organizzati sempre a norma di legge, a volte in modo superficiale, riescono nell’intento di
deresponsabilizzare il padrone, per noi purtroppo rimane solo l’esperienza nella mansione per comprendere i rischi che corriamo, e spesso non basta, mentre l’imprenditore spinge sempre piu` avanti l’asticella del compromesso per reggere la concorrenza, in certi settori, con la vera e propria schiavitu`.
Dove invece la gestione del lavoro e` piu` strutturata e controllata, i lavoratori passano dall’essere carne da macello a puri numeri da esporre su una lavagna ai propri investitori, una stima numerica di traverso e intere comunita`, di famiglie, perdono le proprie principali fonti di reddito, farne un problema legale semplicemente disumanizza il sudore, la professionalita` di centinaia di lavoratori che hanno dato un apporto reale all’elevazione di gruppi come Elica, che alla bisogna valutano e paventano di mettere i lavoratori alla porta al momento piu` redditizio. Tornando al mondo dell’imprenditoria rapace e ignorante, decine sono i lavoratori completamente in nero o parzialmente in regola, scoperti in questi mesi, nei rarissimi controlli effettuati. Sono risultati oltre il 50% dei rapporti di lavoro irregolari in un albergo a Fermo, oltre l’80% del personale invece, in un azienda tessile di Sant’Angelo risultava in nero, con l’aggravante di non rispettare alcuna norma di sicurezza. A Camerino, nel settore manifatturiero, sono stati riscontrati livelli circa del 40% di personale non in regola. Gli infortuni di tutti questi lavoratori andranno a far numero, sulla cronaca, solo in caso di morte, forse. Dopo i piagnistei dei piccoli, che vivono sui consumi dei lavoratori, escluso forse il settore moda e il calzaturiero (che faranno esplodere tra poco tutto il loro peso sociale di disoccupazione, sempre se la giunta non mettera` mano al portafoglio), quasi tutti i settori industriali regionali hanno recuperato le perdite dovute al covid, obbligati a reinvestire dopotutto solo in mascherine e gel per i dipendenti, quando questo avviene davvero.
Trainate dalla meccanica (macchine utensili) e dagli elettrodomestici, le esportazioni dei padroni si sollevano di un +10% sui dati pre-pandemici. Ma si sa, siamo in un periodo di accumulo dei capitali, e le ricadute occupazionali non investono i territori di riferimento dei vari comparti, soprattutto il fabrianese, storico territorio dell’elettrodomestico. Dei centinaia di cantieri nel sud della
regione, molti rimangono ancora solo sulla carta, lo spopolamento delle zone colpite dal terremoto di ormai 5 anni fa e` una realta`.
Dopo cosi` molti anni, come si pensa che la popolazione attiva non abbia ricostruito la propria vita altrove? o che abbia almeno tentato di farlo. Una ricostruzione che quando finira` lascera` un territorio effimero, ad uso e consumo del turismo, in cerca di un mondo ancora autentico, tanto decantato dalle prestigiose guide turistiche, ma che si rivelera` piccolo per i grandi numeri che giustificherebbero gli investimenti, e fittizio, come quello esperienziale che si cerca in lidi lontani. I nostri territori, prima produttivi, man mano si trasformano in passivi e la vitalita` che animava i piccoli paesi sparsi, dalle colline al mare, scemera`, insieme con le persone migrate, loro malgrado, in cerca di servizi e posti di lavoro. A chi rimarra` nei prossimi anni, si ritrovera` dinnanzi al sempre piu` urgente bisogno di sperare e riorganizzare una realta` che sia ancora includente e lontana dalla logica del profitto.
A cura del Centro Studi Libertari “Luigi Fabbri” di Jesi